In esclusiva per l’ASILS: intervista allo scrittore tedesco Wolfram Fleischhauer.
Sono oltre 27.000 le persone che, ogni anno, si rivolgono alle scuole ASILS per studiare la lingua italiana. Se oltre il 41% sono studenti universitari, più del 37% è rappresentato da lavoratori e professionisti. In ogni caso più del 50% ha dichiarato che la principale motivazione alla scelta della destinazione Italia risiede nel patrimonio culturale del nostro paese: letteratura, arte, design e moda esercitano un’attrattiva straordinaria. “Il pubblico di riferimento delle scuole ASILS – dice la presidente Francesca Romana Memoli – ha mediamente un profilo culturale molto elevato, persone che si aspettano dalle nostre scuole qualità e professionalità. Il che fa di esse una punta di diamante nel settore del turismo culturale”.
Ne è testimonial lo scrittore tedesco Wolfram Fleischhauer, che ha concesso all’ASILS una lunga intervista. Wolfram, classe 1961, è davvero un personaggio eclettico. Scrittore ed interprete per la Comunità Europea, i suoi romanzi coniugano la capacità di raccontare trame avvincenti con un’alta tensione culturale. Vince nel 2000 il Deutscher Kimi Preis con il romanzo Die Frau mit den Regenhänden (in italiano La Donna Dalle Mani di Pioggia). I suoi romanzi più famosi sono stati tradotti in Italia dall’editore Longanesi: Drei Minuten mit der Wirklichkeit/L’ombra dell’ultima rosa (2001), Die Purpurlinie/Un enigma color porpora (2003), Das Buch, in dem die Welt verschwand/Il libro che cambiò il mondo (2003). Una vita intensa quella di Wolfram, segnata dalla passione per le lingue, iniziata a 16 anni con un anno di High-School negli Stati Uniti, e per la letteratura. Oltre al tedesco, sua madrelingua, parla fluentemente inglese, spagnolo, francese e, come dice lui, l’italiano lo sta imparando. Specializzato in Letteratura Comparata, i suoi romanzi conquistano il lettore per la ricchezza e la varietà dei temi.
Quando l’abbiamo incontrato, siamo rimasti colpiti dalla sua straordinaria cultura, ma anche dalla sua gentilezza e modestia. Wolfram è uno di quei maestri che ti insegnano facendoti desiderare di conoscere quello che non sai. I suoi libri non solo coinvolgono, ma suscitano un naturale desiderio di approfondimento dei fatti, talvolta storici talvolta attuali, che fanno da cornice alle vicende. Siamo davvero lieti di avere oggi l’opportunità di parlare con lui del suo rapporto con la scrittura e con le lingue sperando di poter leggere presto un suo nuovo libro.
Perché ha deciso di studiare la lingua italiana? Per Lei è stato molto difficile impararla? Vado a Roma regolarmente da anni per incontrare il mio agente letterario che è tedesco, ma è nato e cresciuto lì. Roma è sempre stata una destinazione intimamente collegata alla mia vita di scrittore. Quasi tutti i miei libri sono stati parzialmente immaginati e sviluppati nel giardino del mio agente a Genzano di Roma. Mia moglie è francese, ma di madre piemontese e, così, parla perfettamente l’italiano. Ci siamo sposati a Roma, in Campidoglio, e abbiamo vissuto alcuni mesi a Genzano prima di traslocare a Berlino. Faccio l’interprete e, con gli anni, ho sentito il desiderio di aggiungere un’altra lingua al mio repertorio. Così due anni fa mi sono finalmente messo al lavoro e ho iniziato a studiare la lingua del Belpaese.
È stato spesso in Italia? Quali sono le città che ha amato di più? Vado spesso a Roma, che per me è la città più bella, non solo d’Italia ma del mondo. Ultimamente sono stato anche a Tropea, Perugia e Torino per frequentare dei corsi intensivi. Sono andato a Milano spesso perché i mei libri sono pubblicati da Longanesi. Una volta mi hanno invitato per una serie d’incontri con giornalisti e c’era un interprete per facilitare la comunicazione. È stata un’esperienza molto interessante perché mi sono reso conto che ho ancora un lungo cammino da fare per imparare veramente l’Italiano.
Che cosa prova quando scrive? Questo dipende dalla fase della creazione. Adoro l’ideazione , le ricerche, il lavoro negli archivi, gli incontri con gli esperti. Normalmente passano quasi due anni di preparazione prima che riesca a scrivere anche una sola riga. Il mio lavoro è simile a quello di un autore cinematografico, uno sceneggiatore. Comincio ad elaborare il soggetto e cerco di capire bene i personaggi e i conflitti. Dopo viene il momento veramente difficile: rendere tutto vivo. Si tratta di un processo alchemico e non sempre funziona: io metto tutti gli ingredienti, ma sono i personaggi che devono dare vita all’opera. Ogni volta è un’avventura con momenti di gioia, ma anche di grande frustrazione. L’esito non dipende da me: viene dai personaggi. È un dono che non sempre riesco ad ottenere.
Dei romanzi che ha scritto, quale ha amato di più? Sarebbe come domandarmi quale dei miei figli preferisco. Il mio romanzo più venduto è Drei Minuten mit der Wirklichkeit (in italiano L’ombra dell’ultima rosa), un libro che certamente mi piace molto. Ci sono altri libri, che personalmente trovo più completi, come Der gestohlene Abend o Schule der Lügen, non ancora disponibili in Italia. Fra i libri tradotti in italiano penso che La donna dalle mani di pioggia sia particolarmente interessante per la combinazione del passato con il presente: due storie separate da 120 anni finiscono per essere una. Scrivo romanzi storici e romanzi ambientati nel presente. La donna dalle mani di pioggia riesce a raccontare il presente attraverso il passato, dando così un senso alla storia e alla memoria. Per questo è quasi un romanzo chiave per me: raccontare significa creare o cercare un senso nella vita, nella Storia universale e nella storia personale.
Quali sono i Suoi modelli letterari? Ho studiato la letteratura tedesca, inglese, nord e sud-americana, spagnola, francese, russa …. Non credo di poter dire quali siano i miei modelli: l’essenziale per me è che una storia mi parli alla testa e al cuore. Perciò la letteratura tedesca del dopoguerra non mi dice molto. Con il nazismo la Germania si è culturalmente castrata: abbiamo perso l’anima, la capacità di raccontare storie, che solo adesso, poco a poco, sta ritornando. Credo che ci vorranno ancora generazioni per rinascere pienamente. Mi considero più un narratore anomimo che uno scrittore o autore che esprime opinioni forti, mi sento più europeo che tedesco. Il mio primo romanzo, Un Enigma Color Porpora fu rifiutato da molti editori tedeschi perché considerato “troppo americano” o non sufficientemente tedesco. Strano, come se le storie avessero bisogno di un passaporto o un permesso di soggiorno. Ma forse avevano ragione quegli editori: è il mio romanzo più tradotto. Che ironia!
La Sua esperienza di traduttore ha influenzato il Suo modo di scrivere? Sì, certo. Essere poliglotta è un’arma a doppio taglio per uno scrittore. Apre molte porte ma crea anche confusione. C’è un grande pericolo d’interferenza. Non bisogna mai dimenticare che lo strumento principale dello scrittore è la propria lingua madre. Bisogna coltivare soprattutto la lingua materna.
È soddisfatto delle traduzioni dei suoi romanzi in italiano? Come ha vissuto il rapporto con i suoi traduttori? Non sono ancora completamente in grado di valutarle, ma credo che Riccardo Cravero sia di gran lunga il miglior traduttore che abbia avuto. Ho ricevuto molti complimenti per la qualità della lingua e lo stile, complimenti dovuti direttamente a Roberto che è la mia voce in italiano.
Ha mai pensato di scrivere un romanzo ambientato in Italia? Perché no? Ma questa non è una mia decisione. Le storie vengono da me: non so come, né da dove, o quando o perché. Forse la Musa mi bacerà di nuovo durante il mio prossimo soggiorno linguistico in Italia? L’ha già fatto a Buenos Aires, a Parigi, a Mumbai, a Berlino…
Sta lavorando a qualche nuovo progetto? L’anno scorso ho scritto e prodotto un film che in estate sarà in concorso al Festival del Cinema di Monaco. Sto per finire un romanzo ambientato nel mondo degli attivisti ambientali contro la pesca illegale. Sarà pubblicato nel 2018.
Quando uscirà il Suo prossimo libro in Italia? Cappuccetto Morto, così s’intitola in italiano, e già tradotto ma non si sa ancora quando sarà pubblicato. Si tratta nuovamente di una storia nella Storia, di un romanzo che parla dell’effetto del passato sul presente. Una giovane studentessa di scienze forestali si trova per caso in una zona idilliaca della Germania per un progetto di cartografia. Ma la foresta dove lavora è strana: poco a poco, la ragazza arriva a decifrare i segni della natura e si rende conto che in quella romantica foresta si nascondono segreti nefasti di cui nessuno vuole parlare. Ma le piante parlano, gridano e la ragazza non può ignorare queste voci. C’è anche un nesso con la storia italiana perché, ad un certo punto, si parla anche del terribile destino del fratello di Sandro Pertini, ucciso nel campo di concentramento di Flossenbürg. Ma non voglio raccontare troppo…
Per maggiori informazioni su Wolfram Fleischhauer: http://www.wolfram-fleischhauer.de/