Il COVID-19 mette al tappeto il turismo linguistico italiano. A rischio quasi 1000 posti di lavoro.
L’emergenza innescata dal COVID-19 in Italia ha messo a dura prova il comparto del turismo linguistico in Italia, che fino allo scoppio dell’epidemia era un settore florido ed in crescita. Dà l’allarme l’ASILS, l’Associazione delle Scuole d’Italiano come Lingua Seconda, che rappresenta il settore privato delle scuole di italiano per stranieri in Italia.
Le 43 scuole aderenti all’associazione hanno registrato in tutta Italia un crollo del 99% delle iscrizioni a causa della pandemia. Nonostante tutte si siano convertite immeditatamente alla didattica online per non arrecare un disservizio agli studenti già iscritti, tutti gli istituti hanno dovuto gestire un enorme flusso di cancellazioni e rimborsi. Si tratta di perdite che la sola didattica a distanza non può colmare perché il COVID-19 ha minato alle basi gli stessi presupposi del turismo linguistico, cioè la mobilità delle persone e la loro possibilità di riunirsi in gruppo.
“Le preoccupazioni per la ripresa del nostro settore – dichiara il Presidente Wolfango Poggi – sono tante. Primo fra tutte l’inizio della fase 2. Pur essendo scuole, infatti, la nostra situazione è più affine a quella degli operatori turistici, con l’aggravante che non potremo beneficiare del turismo di prossimità. Qualora potessimo aprire a settembre come la scuola pubblica, restano molti dubbi sulla nostra operatività. Gli studenti si iscrivono nei nostri centri per imparare la lingua ma soprattutto sperimentare il vivere all’italiana: oltre alle lezioni, vogliono spesso vivere in famiglia, partecipare ad attività ricreative, socializzare, visitare musei e andare al ristorante. Tutte le restrizioni inerenti al distanziamento sociale renderanno molto difficile lo svolgimento di queste attività. La stessa riduzione del numero dei partecipanti per mantenere le distanze di sicurezza in classe potrebbe rendere insostenibile i costi di gestione dei nostri corsi. A rendere tutto ciò più allarmante si aggiungono la chiusura delle frontiere, la diminuzione dei voli low cost, il fallimento di numerose compagnie aeree, l’obbligo di quarantena all’ingresso in Italia e al rientro nel proprio paese e la difficoltà di garantire la sicurezza degli alloggi durante il soggiorno degli studenti. C’è il rischio che, per ricadute epidemiche, diverse modalità di contenimento del COVID-19 nei vari paesi esteri e psicosi da contagio per lungo tempo i nostri studenti non vengano proprio in Italia. Le conseguenze economiche saranno gravissime, in quanto non è prevista una ripresa a pieno ritmo prima della primavera-estate 2021”.
Le scuole ASILS – che non beneficiano di alcuna sovvenzione pubblica – ospitano ogni anno oltre 27.000 studenti, per un numero di 118.843 settimane di soggiorno in Italia, pari a 831.901 pernottamenti, sviluppando un fatturato di oltre 50 milioni di euro e un indotto presunto di circa 51 milioni di Euro.
“Il comparto del turismo linguistico è davvero al collasso e, se ci fermiamo alle sole scuole ASILS, sono a rischio quasi 1000 posti di lavoro. Il fenomeno diventa molto più esteso se si tengono in considerazione anche gli istituti non aderenti all’associazione, le Università americane e le Università per Stranieri. Per sopravvivere – conclude il Presidente Poggi – il nostro settore avrebbe bisogno dell’estensione degli ammortizzatori sociali almeno fino a fine anno e di un forte sostegno economico per la ripartenza e la promozione del nostro paese all’estero. Sarebbe anche opportuno un intervento sulla spinosa questione degli affitti: i locali delle scuole non appartengono, infatti, alla categoria C1 e pertanto gli istituti al momento non hanno potuto beneficiare né del credito d’imposta né di una riduzione dei canoni d’affitto”.