Gatta ci cova
Mostré ai gat a rampié, letteralmente, insegnare ai gatti ad arrampicarsi, è un modo di dire piemontese che significa voler dare consigli a chi ne sa molto di più e che ha come protagonista il gatto.
Chiamato familiarmente micio, questo elegante felino domestico è parte integrante della nostra cultura fin dall’antica Roma e lo possiamo trovare in tante espressioni di uso comune, quali, essere in quattro gatti (essere in numero ridottissimo), gatta ci cova! (esclamazione usata quando si sospetta che le cose non stiano così come vengono presentate e che si nasconda un’intenzione disonesta) o prendersi una bella gatta da pelare (decidere di occuparsi di qualcosa che si rivelerà difficile o spinosa).
Animale controverso, amato e odiato, a seconda del periodo storico, gli appassionati di Pinocchio lo ricorderanno come il compagno inseparabile della Volpe, un personaggio ambiguo e truffaldino, da cui ha origine essere come il gatto e la volpe, il cui significato è spalleggiarsi l’un l’altro per compiere imprese disoneste o anche essere dipendenti e inseparabili l’uno dall’altro.
Se a Bologna veniva cacciato come lîvra da cópp (lepre da tetti), a Roma era invece ben nutrito a spese del Comune per contrastare l’invasione dei ratti in Campidoglio. Questa voce era giunta a pesare talmente tanto sul bilancio comunale che, ai primi del ’900, il sindaco Ernesto Nathan decise di eliminarla, appuntando la famosa frase nun c’è trippa pe’ gatti, diventata successivamente di uso comune per negare qualcosa a qualcuno in modo molto deciso, anche se spesso la si può utilizzare per intendere che la persona che si ha di fronte è inferiore al nostro livello, oppure quando qualcuno si aspetta qualcosa o spera di riuscire in azioni di dubbia onestà.
Sempre a Roma, in Via della Gatta, una traversa di Via del Plebiscito, vi aspetterà la statua di una piccola gatta, a grandezza naturale, rinvenuta nel Tempio di Iside e murata sul cornicione di palazzo Grazioli. Secondo la leggenda, una gatta con i suoi miagolii avrebbe avvertito la madre di un bambino che stava per cadere dal cornicione, salvandolo. La statua sarebbe stata quindi posta in onore del felino proprio nel punto da cui il piccolo avrebbe rischiato di cadere. Una seconda leggenda narra invece che lo sguardo della gatta punterebbe verso il luogo in cui fu nascosto un tesoro… chi cerca, trova!